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60.000 caratteri per uno status su Facebook non uccidono la Blogosfera

Facebook da oggi consente l’update di status con oltre sessantamila caratteri (pare 63.206).

Sarà così possibile scrivere veri e propri romanzi sul proprio status, “perdere” intere giornate a leggere quelli degli altri, aumentando così il proprio tempo speso sul social network a discapito dei concorrenti.

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Tralasciando altri utilizzi possibili di questo aggiornamento, vorrei focalizzarmi su quanti dicono che la blogsfera stia morendo a causa di Facebook (Francesco, spero che il tuo sia un post provocatorio), secondo me in modo troppo allarmistico.  Francesco sostiene che le visite al suo blog da Facebook siano aumentate a discapito di Google. Non che sia un male ma, ad esempio, per questo blog è l’esatto contrario.

Ci sono tutta una serie di contenuti che su Facebook non potrebbero vivere, che alle persone non interessano mentre sono sui social network, ma che sicuramente poi cercano sui motori, perché sono differenti i bisogni che si attivano tra la ricerca e l’attività social.

Se è vero che “nella blogosfera si è rotto qualcosa” (e la colpa è nostra), è anche vero che Facebook (con Twitter) ha cambiato il nostro modo di fruire contenuti e di crearli (è infatti sempre più difficile creare post di senso compiuto senza sentirsi attanagliati dalla fretta di dover andare a leggere ciò che pensano/aggiornano gli altri).

Aggiungo poi che dobbiamo essere noi capaci di manipolare la tecnologia, senza esserne vittime. Dobbiamo ottimizzare i tempi, migliorare le nostre capacità analitiche, essere più performanti nella scrittura.

La mia stima nella gran parte dell’utenza che popola Facebook è sempre stata minima. Basti guardare tra i propri contatti per farsi un’idea di quanto gli aggiornamenti di tipo politico/culturale/di analisi non siano mai delle disamine accurate ma giudizi sparati lì per brevità. La gran parte di questi utenti non possiede un blog, se l’ha posseduto l’ha ucciso sul nascere e, tendenzialmente, non ha una gran cultura della rete. Inoltre,  star su Facebook a scrivere un post chilometrico è sconveniente. Nel frattempo accadono troppe cose e non possiamo perdercele.

Si può dire quindi che Facebook uccide la blogosfera? No.

I veri responsabili del cambiamento, nonostante il traino dei social network sia potente, siamo noi. Siamo noi che possiamo far sì che il blog non muoia.

Come? Aggiornandolo con contenuti interessanti, linkandoci reciprocamente, ricordando che il commento ad un altro post è preziosissimo, oltre che per la propria visibilità e quella sui motori di ricerca, è linfa vitale per chi scrive, perché è così che ci si sente all’interno di una rete dove si condividono i propri pensieri, si accresce la propria cultura e si crea un sapere condiviso e fruibile da tutti (quest’ultima cosa, la più importante).
Insomma, basta non dimenticare le basi fondamentali del blogging.

I social network sono stati dei facilitatori, hanno creato la base su cui spalmare la nostra pigrizia. Non dobbiamo arrenderci.

 

 

Nel 2009 crea Socialmediamarketing.it. Web marketing manager, con passione per SEO, Social e Google Ads. Formatore aziendale. Laureato in comunicazione nel 2006 con tesi sullo User generated advertising.

8 Comments
  • Denis
    1 Dicembre 2011 at 12:57

    Ricordarsi che nessun dottore ha ordinato di usare tutti e 60.000 caratteri… 

  • Bl@ster
    2 Dicembre 2011 at 14:22

    Bellissimo post.
    Quoto tutto.

  • Lorenzo Denicolai
    2 Dicembre 2011 at 14:30

    Il bello del blog è stato ed è il poter raccontare se stessi, il poter sentirsi evidente e visibile. Ma i social network, nella loro potenza ggrregatrice funzionano esattamente per il motivo opposto: ognuno di noi sa che scrivendo su facebook o su twitter diventa una parte di un tutto più grande. Si accetta una sorta di s-personalizzazione, di perdita dell’identità per essere però all’interno della community social. Gli esempi mondiali e italiani (referendum, manifestazioni politiche… ) degli ultimi tempi parano chiaro: è l’essere in un sistema, peraltro emergente, che smuove. Niente contro il blog, che diventerà sempre iù un luogo di discussione personale o piuttosto intimo. Ma non credo si possa tornare indietro. Il blog è e sarà solo una delle possibilità espressive. Non più l’unica.

    • Jose Gragnaniello
      2 Dicembre 2011 at 15:29

      ma è anche vero che blog politicizzati hanno guidato la rivolta… e che da blog tecnici noi fruiamo le nostre informazioni. Penso che questi punti di riferimento (che poi sono proprietari, cosa da non sottovalutare), debbano restare tali e ci si debba credere fino in fondo. Non sappiamo quale sarà il futuro dei social network e delle persone che li popolano. 
      Il blog resta lì dov’è, è solo merito/colpa nostra se muoiono o hanno successo e ci si può finire dai motori di ricerca e dai social network o da un consiglio. Queste sono cose da non sottovalutare.

    • Marco Corazziari
      3 Gennaio 2012 at 19:58

      Premettendo che non sono un esperto di social media marketing e sto volentieri su questo sito per apprendere un po’ butto lì un’opinione da utilizzatore tanto di blog che di social network (per altro ancora molto poco …navigato). Su pronostici ampi non mi lancio, però dire che il blog diverrà un luogo di discussione sempre più personale e intimista secondo me è affermazione che mi lascia perplesso.
      Sarà tendenzialmente certo, quantitativamente parlando, più “personale” del proprio account fb o twitter, ma questa è una distinzione quantitativa più che qualitativa. Mi si dirà che ci saranno sicuramente anche dei distinguo qualitativi?
      Ok, però non so se è bianco/nero come qui viene posta l’interpretazione…e poi definire un blog a trend vieppiù “intimista”…?
      Ma “intimista” è uno stile di scrittura alla Foscolo…cosa c’entra con il tipo d’uso standard di un blog? Non dipende dal blog come medium se sarà intimista, ma dai contenuti specifici del blogger.
      E indubbiamente se il blogger è bravo e sa cogliere e valorizzare il fattore “rete” (tra i blog, ma non solo) …il blog tutto sarà meno che intimista.
      Sarà…diverso dai social network: e man mano che questi si definiranno, anche i blog, ma ancor più i blogger con le antenne drizzate, faranno le loro valutazioni per capire qual è lo spazio d’approfondimento (non per forza narciso o intimista) che i social network hanno lasciato scoperto nel world wide web

      Poi faccio una domanda che parte da una mia ignoranza tecnica: qual è la reperibilità di un contenuto su un account Fb o twitter? Scarsissima credo o no?
      Voglio dire, ora nella modalità “diario” di Fb io posso farmi un’idea delle contraddizioni coerenze biografiche di un profilo (forse più di un profilo …che di una persona) scorrendole un po’ random negli anni a ritroso. Ma vado per periodi storici, anni, non per contenuti o erro?
      Cioè sia Fb che Twitter non permettono  una ricerca basata sulle idee di quella persona o profilo per cloud tematici (cosa invece possibile sul blog): twitter permette di vedere una cloud ma multiutente (privilegiando per altro quelle ultrarecenti), fb è un feticista di biografie individuali (più o meno alterate dalla presenza sul digitale e su una piattaforma che non solo incanala ma persino sollecita alcune “forzatura di carta” identitarie nel detentore di profilo).
      Io stimo – pur essendo un discorso oltre un certo limite non gerarchico ma che va di volta in volta finalizzato agli scopi che un utente (ma anche una collettività…a proposito di attivismo digitale) si propone – maggiormente twitter rispetto a fb.
      Detto questo il blog (specie se non è narciso e “intimista”) è il luogo in cui proprio il contenuto la fa da padrone, se non altro il contenuto come opinione meditata. E se dietro al blogger c’è una rete (che orientativamente interseca altri blog, ma anche i social media stessi) …sarà la rete a sprovincializzare quel blog.
      Un po’ come – mutatis mutandis – nella scienza c’è la peer review a garantire che uno non si svegli una mattina e dica semplicemente quel che gli passa per la testa
      La rete, se – dico se – matura (e non dico che sia questo il tempo in Italia), è – o sarà, forse è più corretto dire – il primo check and balance contro parzialità, emotività, superficialità.
      Ovviamente questa sorta di regola della peer review vale in una direzione sola: cioè è probabile che ciò che è fortemente sciocco venga isolato, mentre resta possibile che qualcosa di molto intelligente possa restare per un po’ non visto e non “esaltato” dal resto della rete.
      Però andando avanti io credo che le persone avvedute e capaci saranno persone che in buona parte dei casi hanno alle spalle una rete. Non perché amino la gratificazione di massa in quanto tale per un loro post, ma perché i buoni ragionamenti da sempre si testano e si creano a partire dall’attenzione  alle opinioni che circolano. Sia per criticarle che per approvarle. Nel ‘700 erano i caffé, oggi il web
      No?

  • Paolo Ratto
    2 Dicembre 2011 at 15:48

    60.000 caratteri o meno il blog è troppo importante per: tenere le fila di tutte le presenze social, avere un canale dinamico di proprietà, gestire al meglio eventuali crisi comunicative, consentire maggiore approfondimento, strutturare a livello strategico la socialità del brand. Dunque? I Social non dovrebbero indebolire il blogging! https://paoloratto.blogspot.com/2011/01/i-social-media-hanno-indebolito-il.html 

  • Marco Tosti
    29 Dicembre 2011 at 09:51

    Mi sembra che la differenza tra blog e microblogging sui S/N sia la stessa tra commenti e like.

    In un commento c’è un impegno maggiore che il like ti risparmia. Scrivere/Leggere un micropost su FB o TW è uno sforzo intellettivo, a volte troppo impegnativo, meglio cliccare “like” o contare il numero di “like” al nostro stato per capire che livello di gradimento abbiamo.

    E’ un po’ tutto li, il blog è per chi ha voglia di impegnare un po’ più di neuroni, è informazione strutturata che però non trova posto su FB, perchè quello è il luogo dei “Like” e dei “Poke”.

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