Il social media marketing e l’ignoranza dilagante
A: “Ciao! Cosa fai nella vita?”
B: “Mi occupo di Social Media Marketing.”
A: “E da grande cosa vuoi fare?”
B: “Voglio andare avanti ad occuparmi di Social Media Marketing, o di Web Marketing, più in generale.”
A: “No, non sto scherzando, sono serio. Intendo dire cosa vuoi fare davvero nella vita?!”
Questa è una triste conversazione che ho trovato sul blog di Valentina Maggi, da cui ho tratto ispirazione per scrivere questa riflessione. Penso che sia il problema principale di tutti coloro che si occupano di social media marketing.
La diffidenza e l’ignoranza attorno all’argomento “social media marketing” è dilagante. La gente non capisce il potenziale, semplicemente perchè non ha seguito l’evoluzione del marketing e perchè non hanno ne tempo ne voglia di studiare e imparare.
Spesso i dipendenti sono troppo presi dal loro lavoro per mettersi a scoprire nuovi scenari che, se non supportati da decisioni aziendali ed investimenti economici (visto che i dipendenti vanno pagati per queste attività), non troveranno mai sviluppo ed applicazione. Tantomeno se il capo (imprenditore) pensi ad una mera logica di profittabilità di breve periodo nella scelta strategica del social media marketing.
Il mondo tecnologico evolve a passi da gigante: negli states sono avanti parecchio rispetto a noi italiani (li, Facebook e Twitter sono ormai gli standard, mentre la geolocalizzazione applicata al mobile diventa la nuova specialità) e le differenze tra nord e sud Italia sono sostanziali e direi anche preoccupanti (si pensi che qui si va a avanti a suon di banner, e-mail e tele-marketing, spesso spammante), la pagina fan al massimo serve come aggregatore di persone non targetizzate e neanche realmente interessate; di certo lo stimolo alla conversazione e alla relazione di valore non è incentivato. Tutti vogliono farlo, tutti hanno paura, pochi hanno voglia di mettersi un po’ a studiare.
Quindi cosa dire, la formazione è la prima attività da cui partire per lanciare veramente il social media marketing.
Un’azienda ci crederà veramente se riuscirà a cambiare il suo modo di pensare.
A mio parere, c’è un cambio epocale di fare mercato in atto, frutto degli sviluppi delle nuove tecnologie da un lato, e dei cambiamenti in atto nei modi di scegliere ed acquistare prodotti, ma soprattutto di comunicare delle persone, sempre indotto dallo sviluppo tecnologico, che premierà quelle aziende che per prime, sfruttando il social media marketing, creeranno mercati oligopolistici nelle loro ASA (area strategica d’affari) grazie ai vantaggi competitivi che raggiungeranno.
Enzo Santagata | SMM
14 Aprile 2010 at 08:34Dario hai ragione e questo è il compito più delicato e impegnativo per chi, come noi, si occupa di queste cose. Bel post.
Pasquale Popolizio
14 Aprile 2010 at 12:47Ciao Dario,
uno dei problemi è nel fatto che la stragrande maggioranza dei consulenti che ora si dedicano al marketing e alla comunicazione sul Web non hanno mai realizzato alcun piano di marketing o di comunicazione, diciamo così, tradizionale.
I principi sono gli stessi, cambiano solo gli strumenti, ma il 95% dei professionisti del “social media marketing” non ha mai realizzato “marketing” e “comunicazione”.
Hai ragione quando parli di formazione; io parlerei anche di esperienza.
Per quanto riguarda, poi, la localizzazione nord-sud delle best practice, potrei dirti che un mese fa ho ascoltato delle banalità colossali da un professionista che prima di ogni periodo affermava: “A Milano noi facciamo così…”.
E' come se dicessi che la pizza è buona solo a Napoli 😉
ciao e grazie,
~ pasquale
Dario Ciracì
15 Aprile 2010 at 07:29Ciao Pasquale,
la pianificazione di ogni attività di marketing si rende indispensabile qualora si decida di investire in qualsiasi tipo di attività, a prescindere da quale essa sia.
Non sono d'accordo con la tua riflessione, visto che chi oggi sta gestendo campagne di social&web marketing potrebbe dire che il 95% di chi faceva piani di marketing tradizionale, non conosce il mondo dei social network, la filosofia 2.0, i trend emersi e diffusi dalla rete, l'insieme delle tecnologie sottostanti a questi nuovi approcci, nonchè le nuove fenomenologie sociali indotte proprio dal web (il consumatore cambia, sotto spinta del progresso tecnologico). Secondo me, andando a scavare, troveremmo anche gente impedita col pc! 😉
La conferma a ciò? In Italia molte grande aziende si stanno affidando, per la gestione di campagne social, a consulenti esterni e/o agenzia di comunicazione specializzate nei nuovi trend-strumenti-modalità di interazione sul web (ci sono casi in cui aziende delegano a stagisti la gestione di queste attività) e non credo che le agenzie strutturino un piano di marketing, semmai un piano d'azione strategico. Il piano di marketing lo redigerà il responsabile marketing dell'azienda che ha commissionato la gestione della campagna a qualche agenzia specializzata, e, nella parte riguardante il piano di comunicazione, probabilmente inserirà la strategia social media.
Tra l'altro, a mio avviso, in un piano di marketing, nella voce “budget”, è difficile quantificare i costi e le previsioni di ritorno di una campagna social, proprio per la natura stessa della strategia, che ne rende complessa la quantificazione.
“i principi sono gli stessi, cambiano solo gli strumenti…” Anche su questa cosa ho i miei dubbi; Philip Kotler, guru del marketing management tradizionale, per anni è rimasto ancora sui concetti classici del fare mercato e recentemente ha affermato che i cambiamenti in atto, impongono dei cambiamenti strutturali anche al marketing tradizionale, cosi come era pensato prima. E se l'ha detto lui, la dice lunga… 😀
Insomma, credo che sia un'attività/strategia che vada sicuramente inserita in un piano di marketing, ma la cui gestione non credo implichi necessariamente l'abilità nello strutturare un piano di marketing tradizionale poi, visto che il marketing 2.0 nasce per svincolarsi da quest'ultimo, sempre più in crisi.
Spesso è una questione di apertura mentale e di saper cogliere le potenzialità dei trend emergenti. L'esperienza sicuramente aiuta a capire eventuali problematiche connesse al fallimento di un'azione piuttosto che un altra.
Alessandro Sportelli
15 Aprile 2010 at 15:27In generale sono d'accordo con Pasquale anche se non farei più differenza tra tradizionale e non.
Diciamo che ciò che spesso manca è un semplice approccio progettuale, cioè quello che parte con delle analisi, continua con lo studio di strumenti, la progettazione ed implementazione delle strategie per finire alla misurazione dei risultati. Questo approccio prescinde dalla filosofia del social media marketing o del web marketing in genere.
Ancora per esempio, da quel che ho potuto notare, sono in pochissimi a prendersi la briga di fare un'analisi approfondita della domanda, del settore, dei concorrenti prima di fare la cosa più banale del mondo che sembra esser ormai la preoccupazione più grande e la strategia del secolo: “aprire una pagina su facebook”. eheheeh 😉
Gianluigi Zarantonello
15 Aprile 2010 at 19:41Come ho evidenziato più volte (cfr. ad es https://www.slideshare.net/gzarantonello/il-web-… o https://internetmanagerblog.com/2009/10/28/fares…) i social media sono essenzialmente legati ad un correccio approccio strategico e culturale in azienda.
Chi ha competenza di web 2.0 non ha esperienza d'azienda e viceversa, le due parti dunque dovrebbero dialgare e integrarsi, cosa che invece raramente accade.
Per questo esperienze come lo Young Digital Lab sono preziose, a patto che vi partecipino tanto i professional tanto le aziende! Marketing dell'ascolto rivolto al marketing…
valentina
19 Aprile 2010 at 09:36il lato comico della faccenda: https://www.phibbi.com/extra/gqswe.php
simon
23 Aprile 2010 at 14:21Quella nata dai vostri commenti è una riflessione molto interessante.
Credo anch' io che come, spesso accade, la colpa sta un pò nel mezzo.
Da una parte molte aziende sono “freddine” nei riguardi del web 2.0
Dall' altra è altrettanto vero che molti professionisti del social networking (quantomeno è quello che penso guardandomi intorno…) sono “innamorati” del web in quanto tale e tendono perciò ad usarlo come tattica, piuttosto che inquadrato dentro ad una strategia dove sia ben chiaro ai dirigenti aziendali dove e come i social media influenzano obiettivi (d' immagine e di vendia), con quali costi e in quali tempi.
Credo che se ai manager d' azienda fossero chiare tali dinamiche, ci sarebbe più fiducia nell' uso del web 2.0 e conseguentemente un' apertura ai professionisti del settore.
Altrimenti si continuerà a riciclare stagisti o affidarsi ad agenzie esterne…
Sara Paolucci
23 Aprile 2010 at 15:17Un gran bel post.
Mi ha colpito innanzitutto il dialogo iniziale, poichè anche io sono Social Media Specialist ed anch'io trovo spesso difficoltà nello spiegare alle persone quale sia il mio lavoro.
Molto spesso accade anche che qualcuno, incontrandomi per strada, mi dica: “oh ma che caspita ci fai sempre su Facebook a tutte le ore del giorno?!?!”
Io, con tono un po' provocatorio, rispondo: “lavoro!”
E mi sento rispondere ogni volta con grasse risate.
Il problema, un po' meno esilarante, è quando ricevo la stessa risposta da miei coetanei (io ho 26 anni) laureati in Marketing alla facoltà di Economia e Commercio.
Riprendendo la vostra discussione anche io credo il problema fondamentale sia la mancanza di formazione.
Perchè nelle università italiane non si insegna che cos'è il web 2.0? Perchè non si parla di nuovi media? Perchè si cerca di INVENTARE nuovi mezzi e nuovi canali di fare marketing e comunicazione?
Possibile che un neolaureato in marketing non sappia cosa sia una DEM e non sappia calcolarne il ritorno economico?
Dall'altra parte anche le aziende – coloro che sono SUL campo, anzi, coloro che SONO il campo – tendono ad essere restìe nei confronti di questo sconosciuto il Social Media Marketing.
Da un lato l'approccio è: “se costa zero, significa che non è importante ed è senza dubbio un canale trascurabile” mentre l'atteggiamento opposto è “mi rifiuto di pagare una persona che stia tutto il giorno a trastullarsi su Facebook”.
Da questa parte manca consapevolezza, manca curiosità, ma soprattutto – e a mio avviso è la cosa più triste – manca il desiderio di scoprire ancora qualcosa, di avere un'intuizione prima degli altri e di scoprire terre che altri non ancora battuto.
Ovviamente stiamo parlando della massa e delle tendenze. Vedo però che qualcosa si sta muovendo e credo che il nostro parlarne qui ora sia già un piccolo passo.
Dopotutto blog come SocialMediaMarketing sono come libri su cui “studiare” e conoscere questo splendido mondo, speriamo solo che la curiosità tocchi anche chi ancora non è stato persuaso.
Jose Gragnaniello
23 Aprile 2010 at 16:17Il Gap esistente tra appassionati e studiosi della materia e chi utilizza Internet per passatempo è ancora enorme (anche a causa di una larghezza di banda ancora scarsa in molti paesi, e siamo nel 2010…). Tra un anno o due le cose cambieranno.
Le ultime parole del tuo commento le prendo come un complimento 😛
Roberto Clementi
4 Giugno 2010 at 08:55Parole sante!
Sara Paolucci
7 Giugno 2010 at 07:32@ Gianluigi: “Chi ha competenza di web 2.0 non ha esperienza d'azienda e viceversa”…sarà perchè gli esperti di web 2.0 sono persone relativamente giovani e le aziende sono piene di “matusalemme”?
(domanda provocatoria)
Vittorio
20 Febbraio 2011 at 10:13Assolutamente d’accordo!
simon
7 Giugno 2010 at 07:39@ sara
Certamente il fattore età conta.
Per fortuna non è sempre così ma per molti funziona che giovane = niente esperienza = niente affidabilità…!
Sara Paolucci
7 Giugno 2010 at 07:50@ Simon
a mio avviso il problema sta ancora più a monte, un neolaureato è PER FORZA senza esperienza aziendale, ma perchè nessuno gliela fa fare questa esperienza??
Comunque credo di essermi allontanata troppo dal focus del post, chiedo scusa a tutti i lettori per questa divagazione.