Il web si ribella al click-baiting
È una delle tecniche di marketing più becere che ha fruttato decine di migliaia di visitatori a tantissime pagine di tutto il mondo, si chiama click-baiting e descriverla senza usare troppi tecnicismi non è difficile, diciamo che è l’arte di fare sembrare una cosa per un’altra, di fare apparire qualsiasi contenuto come straordinario ed unico. E per fare questo si ricorre a riferimenti di natura morbosa, sessuale, violenta o molto triste o comunque “eccezionale“.
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Uno degli esempi classici: siamo su Facebook (che se dovessimo definire come il luogo privilegiato per qualcosa, prima ancora che dell’invidia che ormai migra anche su Instagram, sarebbe proprio quello del click baiting) e vediamo qualcuno (abbiamo sempre tra gli amici un qualcuno sprovveduto) che condivide uno “STRAORDINARIO: GUARDATE COSA È SUCCESSO A QUESTA RAGAZZA” e l’anteprima ci mostra una foto che promette nudità varie.
Ecco, quel testo con quell’immagine stimola la curiosità e molti, tanti, dicono: vabbè un click che mi costa.
Un click però ha tanti effetti potenziali:
- Fare aumentare il traffico di siti che si sentono incoraggiati a fare questa roba
- Può fare partire in automatico la condivisione con metodi truffaldini che alcuni siti usano tipo “per vedere il contenuto metti mi piace e condividi” poi quando l’utente medio si accorge che il contenuto è una patacca chiude ma non pensa ad andare a cancellare condivisioni e togliere il mi piace.
- Può portare l’utente sprovveduto a pagine con virus e malware.
Purtroppo ci sono siti che campano con queste tecniche bizzarre, approfittando di utenti pigri e curiosoni che nonostante aver visto 10.000 titoli simili ancora non capiscono che dietro c’è la fregatura o niente di straordinario e che a quella ragazza è successo praticamente NIENTE di rilevante. Forse è solo inciampata e caduta.
Il problema però è quando anche i giornali seri si mettono ad usare il click baiting. Oppure si mette una immagine che lascia presagire che la notizia riguardi qualcosa che invece non è (vedere esempio a destra: in realtà l’articolo parlava di un uomo che aspettava il treno oltre la linea gialla e non delle due donne, in ogni caso una non-notizia di infimo ordine).
Per la serie “Internet marketing: lo stai facendo male“, i giornali italiani non hanno ancora capito che i social media non sono il futuro, ma il presente, e si dedicano ad esperimenti particolari giusto per provare a sopravvivere mentre alcuni blog, gli algoritmi di Google, la pubblicità online ed i millennials, li fanno a pezzi. Incapaci di rinnovare, l’unica volta che lo ci hanno provato sono partiti dal fare click baiting, con articoli condivisi sui social con anteprime particolari e titoli da strillone dei film.
E stiamo parlando di testate come Repubblica, il Messaggero, il Giornale….
Per fortuna gli utenti non sono tutti così sprovveduti come vorrebbe questa gente.
Gli utenti però si sono svegliati ed il click baiting ormai pesca sempre meno: la gente inizia a capire, gli addetti ai lavori ne parlano (anzi implorano: giornalisti e blogger, almeno voi, se avete dignità smettetela), ma sopratutto sul social che è il terreno più fertile per queste porcherie sta nascendo una vera e propria nemesi.
Zuckerberg aveva promesso che avrebbe lasciato sempre meno spazio a questo tipo di sotterfugi con un nuovo algortimo tempo fa, e qualcosina è stato fatto, ma non abbastanza.
Gli utenti di Internet sono così stanchi del click-baiting che su Facebook è nata una pagina, una community, forse un movimento culturale che si chiama “Spoilerare posts che lasciano informazioni a metà” e si autodefinisce subito “una crociata contro il click baiting“.
E la crociata funziona: oltre 33 mila mi piace in aumento costante, con molti followers attivi che fanno esattamente quello che la pagina chiede. Quando gli utenti vedono un link di un contenuto condiviso con titoli come quello citato sopra ecco che nei commenti scrivono di cosa tratta veramente l’articolo, in modo che gli sprovveduti non ci vadano, quindi praticamente un click che ne evita decine o centinaia o migliaia!
Una funzione sociale del web che potrebbe farlo evolvere positivamente. Non sappiamo chi sono i geni che hanno avuto questa idea ma sicuramente tutti i marketers veri dovranno ringraziarli perché rendono difficile il lavoro di pescatori di click al limite dello spam, e lasciano più spazio a chi con i contenuti ci lavora sul serio. Insomma click-baiting e link baiting si possono fare ma con un senso, cercando di coinvolgere un audience su temi specifici e senza fare esagerazioni o sensazionalismo con risultati comici come dimostrano tanti post su quella pagina.
Adesso concludo con: STRAORDINARIO!!! GUARDATE COSA STA SUCCEDENDO AL GIORNALISMO!
Mauro Ronci
24 Aprile 2015 at 22:02Drammaticamente vero. Tant’è che in quel gruppo mi ci sto iscrivendo ;-).
Comunque condivido pienamente con te, la tristezza (sì, davvero…non è un sentimento esagerato) che si prova quando la “testata giornalistica famosa” (non facciamo nomi, ma tanto sappiamo di chi stiamo parlando) adesca click in maniera meschina. Il giornalismo italiano è arrivato a tanto? A dover far uso di link-baiting per attirare visualizzazioni piuttosto che fare della seria informazione? O forse la seria informazione non attira più sufficienti click?
Un saluto e grazie per il bel post.
Misterzu
23 Luglio 2015 at 12:36Purtroppo tutte le testate giornalistiche lo fanno al mondo d’oggi…