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Perché smettono di seguirci su Twitter? Un esperimento italiano

La domanda del titolo può apparire ovvia, eppure cela moltissime risposte. Forse è facile dire “non gli interessa quello che dico” se ci si occupa di una nicchia molto ristretta, ma nel caso in cui sospettiamo che non è tanto quello che diciamo ad essere il problema, ma piuttosto come e quando lo diciamo, c’è un modo per capirlo senza affidarsi ad astruse formule statistiche e cercando di ricavare dati dalla pratica?

Si, basta chiedere.

Community manager, gestori di profili twitter o professionisti che lavorano sul proprio “personal branding” non possono prescindere dall’uso di Twitter, e se vedono improvvisamente i loro followers calare, questo diventa un problema. Un modo per cercare di capire cosa accade quando qualcuno clicca su “unfollow” ci viene questa volta non da una grande compagnia di marketing statunitense o da un sondaggio fatto da qualche colosso mediatico, ma da un professionista italiano della comunicazione che nel suo “piccolo” sta facendo un grande lavoro.

La guest starring di questo post si chiama Silvio Chiapusso, una presenza molto più attiva su Twitter di me (ne sono diventato un utente costante solo qualche mese fa),e che in un anno e mezzo sulla rete dei cinguettii ha cercato subito di comprenderne i meccanismi intrinsechi in un modo intelligente, originale, semplice, ma utilissimo.  Silvio Chiapusso è responsabile della comunicazione di Fassi Gru Spa azienda bergamasca specializzata sopratutto in gru ed altri macchinari pesanti da lavoro. Il nostro ospite si presenta subito come un amante dell’informazione e della comunicazione sotto tutte le sue aspettative, è un utente di Twitter molto attivo e prolifico, com circa 15.000 followers ed altrettanti twitters seguiti, ogni giorno è una fonte preziosa di informazioni ed aggiornamenti su diversi temi dell’attualità, con speciale riguardo verso il marketing e la comunicazione.

La sua idea è stata semplice: cercare di raccogliere quanti più dati possibili sui motivi per i quali qualcuno lo smette di seguire su Twitter, con l’uso di un semplice tool di analisi dei follow e unfollow, chiedendo direttamente agli interessati e pubblicando poi il tutto su un blog di tumblr appositamente creato:  unfollowedme.tumblr.com. Appena mi sono accorto di cosa stesse facendo mi sono sentito in dovere di scrivere a questo dedito twitter bergamasco che si descrive in modo semplice “Sposato con Nadia, papà di 2 bimbi, è responsabile comunicazione della FassiGruSpA“. E gli spunti che mi ha dato grazie ai suoi esperimenti su Twitter sono interessantissimi.

Chiapusso dice chiaramente “mi interesso a Twitter per il grande potenziale divulgativo, comunicativo e per la raccolta di informazioni“. Per questo non si preoccupa  se twitta molto spesso rischiando il famigerato “overload informativo”. I suoi cinguettii sono per tutti, non rappresenta nessun brand ed il suo interesse è quello di imparare il più possibile dal social network. Attraverso l’uso di  www.justunfollow.com, strumento di analisi dei follow immediato e facile da usare anche da mobile, ogni giorno scopre chi ha smesso di seguirlo e con educazione chiede loro perché. Le reazioni sono tra le più varie: molti rispondono dicendo che è per le tematiche, per i troppi tweet, perché segue solo persone con cui è in contatto stretto…ma c’è anche chi rimane spiazzato e non capisce:

Silvio Chiapusso non si perde d’animo e continua nella sua personale indagine, ed anche se ancora l’esperimento è in corso, ci rivela delle conclusioni interessanti raccolte sul campo.

– C’è un enorme potenziale di Twitter per il B2B (settore in cui lavora Chiapusso): agli eventi ed alle fiere spesso non c’è tempo per conoscersi bene, così che una azienda che sa dirigere i potenziali interessati su Twitter può stabilire durazioni durevoli potenzialmente con molti più contatti che basandosi sul solo evento fieristico.

– Allo stesso tempo si possono ottenere valutazioni immediate, prima o dopo un meeting, una fiera, il lancio di un prodotto, anche con persone che si raggiungono solo attraverso Twitter.

– Ci sono due handicap di Twitter che ancora non sono ben gestiti, sopratutto in Italia: l’unfollow ma anche gli utenti che abbandonano Twitter stesso. Se si pensa all’utente/consumatore medio, è quasi tutta gente che arriva su Twitter da Facebook incuriosita dalla fama del social network, ma che quasi subito lo abbandona, perché non lo comprende o ne rimane deluso. Molti e-commerce negli USA cercano di riconquistare i propri clienti che hanno smesso di comprare capendo perché e riuscendo a convincerli di nuovo, su Twitter si dovrebbe fare la stessa cosa con il follow.

– Per questo motivo è vitale avere strategie mirate all’analisi dell’audience su Twitter non solo misurandone le reazioni, ma anche cercando di comprenderne la natura. Chiedere “perché non mi segui più?” non deve far paura, sul web non si gioca a fare il figo, ma si cerca di raccogliere informazioni preziose.

– Una gestione corretta delle informazione fornite ai followers è vitale quanto lo è la raccolta di informazioni tra il pubblico dei followers. In questo modo si sfruttano tutti i punti di forza di Twitter, si canalizzano le possibilità e si rimedia ai punti deboli.

Il fatto che tutte queste conclusioni non provengono da nessun libro di teoria ma dalla pratica sul campo le rendono estremamente valide. Probabilmente Chiapusso sta rompendo anche una specie di tabù: in Italia ancora non siamo abituati a chiedere feedback in questo modo e non siamo molto bravi a gestire cose come utenti che smettono di seguirci, vista l’esuberante emotività che caratterizza la nostra scena politica, imprenditoriale, mediatica e le nostre vite quotidiane. Invece Chiapusso ci dimostra come con razionalità e buone maniere, ogni singolo follower è potenzialmente una miniera di dati utili pronti ad essere svelati con una semplice domanda.

Siete pronti a seguire Silvio Chiapusso ed entrare a far parte di questo interessante esperimento su Twitter? 😉

 

 

Copywriting, Social Media, Public Speaking, Formazione, Business Development... tante cose da fare, tante cose di cui parlare, tante cose per la testa. E pensare da piccolo volevo fare l'archeologo...

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