Quali sono e come distinguere le query di ricerca per la SEO
Lavori con la semplice ottimizzazione SEO intorno a una keyword? Ti fidi solo dei tool per la ricerca delle parole chiave? Sbagliato. Prima di qualsiasi operazione, legata al lavoro di creazione dei contenuti per il tuo blog o sito web, devi lavorare sulle intenzioni delle query di ricerca. Vale a dire? Di cosa parlo?
Con questo termine intendo le richieste effettuate dal pubblico su Google, Yahoo! e Bing. Chi opera nel settore SEO sa bene che esistono esigenze differenti che muovono l’utente nel suo lavoro di digitazione o richiesta vocale. C’è chi ha bisogno di informazioni, chi vuole acquistare e chi invece ha già le idee chiare su dove andare. In base a queste riflessioni si possono creare dei contenuti più o meno diversificati.
Da dove iniziare questa riflessione strategica? Io direi dalla divisione base tra esigenze informative, navigazionali e transazionali. Ecco una prima definizione legata all’idea di query sui motori di ricerca.
Query di ricerca informative (o informazionali)
Sono le richieste fatte dalle persone che sono alla ricerca di risposte. C’è chi vuole sapere come funziona qualcosa, come si aggiusta un oggetto, quali sono i dettagli per organizzare un viaggio e cosa visitare in un luogo. È il nome stesso che suggerisce la natura della query di ricerca: si cercano informazioni, non prodotti da acquistare. Quali sono le caratteristiche di questa necessità? Di solito sono parole con:
- CPC (costo per click) basso o nullo.
- Volumi di ricerca variabili
- Alta frequenza di long tail keyword.
Ovviamente queste sono delle valutazioni di massima, ci sono ampie eccezioni. Ma soprattutto c’è un punto da valutare: la maggior parte delle ricerche sul web (tipo l’80%) sono di questa natura.
Quali sono le soluzioni per intercettare questo traffico? Nella maggior parte dei casi è il blog aziendale a creare i contenuti utili per soddisfare queste esigenze e permettere al pubblico di atterrare sul tuo dominio. Per poi spingerlo con call to action e link interni verso le pagine della conversione.
Ricerche transazionali: cosa sono e a cosa servono
In questo caso lavoriamo su una necessità opposta: fare qualcosa. Se la prima query di ricerca vede come protagonista un utente che sa di avere un problema, e usa combinazioni di keyword (sempre più discorsive) per cercare una soluzione, questa è dedicata a chi vuole fare qualcosa. Ad esempio:
- Prenotare.
- Comprare.
- Scaricare.
- Ordinare.
Questo è il punto finale del percorso che dovrebbe portare all’acquisto, le persone sono già a conoscenza di un bisogno. O stanno valutando ma hanno una necessità che va oltre la ricerca di informazioni.
La keyword può avere un volume di ricerca sempre molto variabile ma un CPC da medio basso ad alto, dipende dal settore e dalla capacità di monetizzare. Spesso ci troviamo di fronte a keyword con:
- Volume di ricerca molto basso.
- CPC alto, quasi proibitivo.
In questo caso ci troviamo di fronte a keyword profittevoli, settori molto ristretti che consentono di raggiungere piccoli gruppi di utenti particolarmente disposti all’acquisto. Ovviamente queste realtà sono difficili da intercettare, nella maggior parte dei casi sono presidiate dai competitor agguerriti.
Ma il lavoro SEO è proprio questo, non solo fare liste di keyword. Per intercettare le query di ricerca transazionali bisogna fare in modo che l’utente si avvicini il più possibile alla pagina delle conversioni, quindi le risorse da creare e ottimizzare saranno landing page, schede ecommerce e categorie prodotto.
La categoria, spesso dimenticata, delle query commerciali
Spesso si tende a unire in un’unica sezione (quella delle query transazionali) anche una serie di ricerche con una definizione più specifica: vale a dire quella commerciale/investigativa. Ma di cosa parliamo?
Come suggerisce questo post di Moz, parliamo di tutto ciò che consente di fare lead generation, convertire un utente semplice in premium per avvicinarlo all’ultimo step, influenzare la decisione di acquisto (ad esempio con ricerca di feedback, recensioni, opinioni) e altro ancora.
In questa sezione rientrano le query necessarie alla valutazione del prodotto o servizio nella fase precedente all’acquisto. Insomma, qui l’utente fa delle ricerche per farsi un’idea: siamo rivolti verso l’acquisto ma cerchiamo delle informazioni per farlo nel miglior modo possibile.
Cosa fare in questi casi? Creare dei contenuti per rispondere. Ad esempio se noto la query brand + opinioni creo una pagina dedicata alle recensioni dei clienti e guidando l’utente verso le mie risorse.
Query di ricerca navigazionali (o branded query)
Sono le ricerche che le persone fanno avendo già come riferimento il sito che vogliono raggiungere. Di solito si compongono da esigenza e brand già noto. Perché hanno un bisogno (commerciale o informativo) e lo vogliono risolvere con una fonte che già conoscono.
Difficilmente si può influenzare questo tipo di ricerche se non lavorando sul brand: registrare un alto numero di ricerche navigazionali vuol dire che il tuo nome è conosciuto, che le persone si fidano di te e ti cercano. Paradossalmente questo è il modo migliore per fare SEO: non farti trovare al momento giusto ma fare in modo che tu sia già posizionato nella mente delle persone e che cerchino direttamente te.
Quali sono le evoluzioni delle query di ricerca?
Si parla sempre di più di Know Simple query. Qui l’utente cerca risposte specifiche e rapide, spesso i risultati mostrano uno snippet in primo piano o altri metodi che Google usa per estrapolare la risposta e anticiparla. Tutto questo senza dimenticare la rivoluzione delle intelligent personal assistant (IPA) che cambia il modo in cui si suggerisce l’esigenza al motore di ricerca.
Notiamo meno keywordese e più ricerche conversazionali, basate sul linguaggio naturale e con uso di stop word (preposizioni, articoli, congiunzioni): questa è la tendenza. Ma è chiaro un punto, vale a dire l’impossibilità di basarsi sulla semplice tripartizione tra query informative, navigazionali e transazionali.