TechCrunch Italy: se solo ci fosse stato il WiFi…
… vi avremmo raccontato in diretta – magari con un Live Tweeting – che le startup in Italia non mancano. Che abbiamo ascoltato delle belle storie da parte di ragazzi e ragazze in gamba che hanno deciso di costruirselo da soli, il futuro. Molti di loro sono più famosi all’estero che in Italia, perché hanno preso le loro idee, le hanno sintetizzate in una presentazione, si sono pagati un biglietto aereo e sono andati a raccontarle ai Venture Capitalist di San Francisco, ottenendo ascolto, finanziamenti e supporto.C’erano i ragazzi di Steremood – di cui credo di essere stato uno tra i primissimi utilizzatori – che un paio di anni fa ha anticipato il fenomeno della music serendipity. C’era Atooma, un interessante tool per creare mini app senza conoscere alcuna regola di programmazione, vincitore tra l’altro del premio Startup Live pitching. Abbiamo parlato un bel po’ con Vivocha, specializzati nella Customer interaction e con AdEspresso, piattaforma per ottimizzare le campagne di Facebook Advertising. Ma ce n’erano tante altre che vi invito a scoprire qui.
Vi avremmo anche raccontato coma a questo evento finalmente abbiano partecipato anche le istituzioni: il ministro Passera, il vice-ministro Martone, il sindaco di Roma Alemanno e il presidente della provincia di Roma Zingaretti. Vi avremmo parlato di un evento interessante che si è svolto interamente in lingua inglese e che tutti lo hanno parlato alla perfezione. Vi avremmo detto come molti degli imprenditori di successo del web italiano: Paolo Barberis, fondatore di Dada, Luca Ascani, fondatore di Populis, Paolo Ainio, fondatore di Banzai e tanti altri, abbiano dato il loro contributo alla discussione in termini di consigli e dritte alle nuove startup.
Vi avremmo potuto anche testimoniare che i Venture Capitalist ci sono anche da noi, esistono davvero e investono nelle startup più disparate.
Però non abbiamo potuto farlo, perché il WiFi della Provincia di Roma non funzionava. E i pochi che sono riusciti a prendere la connessione hanno dovuto fare una procedura di registrazione assurda per poterla utilizzare. Purtroppo non siamo stati tra questi fortunati, quindi non abbiamo potuto raccontarvi come in Italia le idee non manchino. E non manca nemmeno la volontà o la capacità tecnica di realizzarle.
Quello che manca è un sistema che funzioni in modo armonico: una catena perfetta. Se anche uno solo di questi anelli cede, diventa tutto inutile e frustrante.
Un evento come il TechCrunch Italy, che ci stava infondendo entusiasmo e fiducia nel futuro di questo Paese, avrebbe dovuto evidenziare come la tecnologia e l’innovazione siano la via maestra per uscire dalla crisi, e invece ci ha mostrato ancora una volta quanto siamo indietro rispetto al resto del mondo. Tutto per un router che qualcuno ha preferito non rendere funzionante a dovere. E questo – se permettete – fa incazzare ancora di più.
DigitalMary
28 Settembre 2012 at 00:31Per fortuna sei riuscito ugualmente a testimoniare l’esistenza di queste realtà, anche se in differita. Però hai ragione, paradossale e anche… Abominevole.
Salvatore Fabozzo
28 Settembre 2012 at 13:39Anche io penso ce in Italia c’è un fermento di idee da non trascurare, ma questo paese ci vuole ignoranti, un po per cultura un po per comandarci meglio.
Complimenti per l’articolo.
Valeria
29 Settembre 2012 at 13:28Purtroppo siamo sempre carenti quando si tratta di infrastrutture.. le idee ci sono, ma quando mancano le basi è difficile portarle avanti.
Speriamo in un miglioramento!
Evangile73
2 Ottobre 2012 at 12:45A mio avviso eventi come il Tech Crunch sono sempre belli e fighi, pieni di gente di idee e di successo. Poi tu un giorno apri la tua tech venture, con tante idee, innovazione, lavoro e buona volontà. Tutti a dire bello bello, applausi alle presentazioni ufficiali, qualche trafiletto. Passa un anno e sei strozzato dalle tasse, dalle gabelle, dalle assurde leggi che ti impongono un fisco insostenibile.
Ecco, io penso che il Tech Crunch sia una forma di insulto per chi non ha trovato il business angel (perché non vive a Milano, perché in Italia il capitale di rischio è un sogno), per chi non ha soldi di famiglia, per tutti quelli che lo Stato loda perché fanno impresa, ma poi lascia da soli a morire.