
La storia dell’uomo che ha perso migliaia di dollari con Facebook Ads
Il titolo può sembrare forte, l’argomento scabroso e probabilmente si leverà una discussione di favorevoli e contrari all’uso dei post sponsorizzati su Facebook, ma per onore di cronaca voglio raccontare questa storia venuta alla luce qualche mese fa grazie a Business Insider e passata un poco in sordina. È la storia di Raj Kapur Brar CEO di Fetopolis (si, l’ho pensato anche io: Fetopolis? ma che razza di nome…) una compagnia che raccoglie diverse riviste online in tutto il mondo, le cui pagine Facebook sono abbastanza popolate: un esempio tra tutti è la pagina di South Asian Fashion con 1,7 milioni di fans. Brar è stato tra i primi interessati alla pubblicità su Facebook sin dal 2012, e per questo motivo era andato fin negli uffici di Toronto di Facebook per una fase formativa su Facebook Ads e l’avvio di un beta test prima di iniziare, lo scorso ottobre, con una campagna massiccia con 600.000 dollari di budget.
Il risultato è stata una situazione catastrofica per il CEO ed i contorni della vicenda sono ancora confusi.
Il primo punto discrepante è la fattura: Facebook chiede a Brar circa 370.000 $ mentre il CEO è convinto di aver speso, per una campagna di qualche giorno con 100.000 dollari al giorno, oltre 600.000 $, ma il problema non è il costo quanto piuttosto il ROI, che è il secondo punto su cui Brar e Facebook sono in disaccordo. Si perché a fronte di questo enorme investimento Brar, che controllava le visite al suo sito tramite Bit.ly, Google Analytics e la dashboard di WordPress ha contato durante il periodo in cui la campagna era attiva 160.000 click. Facebook invece ne calcola 600.000.
Sicuramente infatti qualcuno starà già pensando che la pubblicità offre esposizione ma non garantisce certo risultato, e questo è vero. Inoltre sempre qualcuno starà pensando che 160.00 0 click in meno di una settimana non sono poi un numero da nulla. E qualcun altro dirà che è normale che se si usano diversi tool per la misurazione delle visite c’è discrepanza tra i dati.
Eppure il tutto è abbastanza strano lo stesso: sembra abbastanza assurdo che con un grande investimento l’esposizione massiccia non abbia portato ha risultati elevati per il cliente, inoltre 160.000 click non provengono tutte da Facebook quindi anche questo dato non è certo tutto merito dei post promossi su Facebook e ancora, va bene la leggera discrepanza ma non un numero 5 volte più grande! Insomma qual è il messaggio che Facebook dà ai suoi potenziali clienti della sua principale forma di monetizzazione?
“Grazie per i soldi, hai avuto l’esposizione che volevi adesso accontentati”
Brar ha anche chiesto un audit da parte di una società specializzata che calcolasse in modo obiettivo i click ricevuti, un metodo per capire il perché di questa differenza enorme tra i click ricevuti e quelli calcolati da Facebook. Purtroppo Faccialibro a differenza di altri servizi di pubblicità online, non ammette audit da parte di terze parti, nonostante sia una pratica abbastanza comune in casi di controversie e società come IAB, Media Ratings Council o Ernst & Young forniscono questo servizio.
Il mistero si infittisce ancora perché Brar ha detto che non pagherà e Facebook non sembra intenzionato a fare una operazione legale per recuperare i soldi: insomma perché il più grande Social Network ha deciso così? Per una questione di immagine? Per non voler “infierire” su un cliente insoddisfatto? Oppure, dato che a pensar male si fa peccato ma a volte si indovina, teme che un giudice finisca per chiedere un audit e che i click calcolati potrebbero dimostrare qualcosa di rovinoso per la credibilità di Facebook Ads?
Insomma diciamo che c’è abbastanza materiale per pensarci due volte prima di investire somme così grosse in post su Facebook, sopratutto se, come nel caso di Brar non si è una di quelle multinazionali multimilionarie per le quali meno di un milione sono noccioline.
Giuseppe Schettino okkei.it
29 Maggio 2014 at 12:13Bel problema, personalmente ho avuto dubbi anche io in merito alla buona fede di fb.
Ma mi sono dovuto ricredere per via dei buoni risultati ottenuti.