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Social Experience: quando l’interazione digitale è fonte di business

Qualche giorno fa sono stato a Milano a seguire il Festival Due.1 – Digital User Experience, il primo festival italiano dedicato al digitale e al mondo del web design, organizzato da un’agenzia di comunicazione bergamasca (nel segno dell’8) e ho seguito delle conferenze da cui ho tratto alcuni spunti per questo post.

Il focus più interessante per quanto riguarda il Social Media Marketing ha riguardato la Social Experience e in particolare la User Experience, fattore principale su cui dovrebbe puntare oggi una strategia di marketing applicata nel social web. Sappiamo oggi che per avere successo in questa nuova e affascinante branca del marketing bisogna capire chi è l’utente, analizzare la sua esperienza sociale e digitale, partecipare in essa, offrire e scambiarsi contenuto di valore che possa essere amalgamato, ottimizzato, riutilizzato e condiviso; se riusciremo in più ad innescare un meccanismo di diffusione virale del contenuto originario, avremo avuto successo in questo mondo e saremo posizionati positivamente come brand nella mappa mentale del consumatore, o meglio del prosumer (fruitore e produttore attivo di contenuti).

Sulla base di questo nuovo paradigma di mercato, fonte di vantaggio competitivo, e anche a seguito delle recenti ricerche empiriche che decretano il successo delle azioni di social media marketing nel B2C soprattutto per le applicazioni nei social network (pensiamo a Facebook), gli sforzi delle aziende dovrebbero sempre più concentrarsi nello sviluppo di applicazioni sociali digitali che avranno lo scopo di migliorare, aumentare ed integrare l’esperienza digitale dell’utente, incorporandola in un viaggio sempre più emozionante che ripaghi anche gli sforzi del brand da cui l’applicazione trae origine.

In questo senso sono emersi quelli che sono i nuovi trend del social software, sempre in continua evoluzione e sempre più aperto alla collaborazione degli utenti; pensiamo ad un sito web come lo ricordiamo all’avvento del web di prima generazione e pensiamo a come è diventato ora: una vera e propria piattaforma di condivisione e partecipazione con l’utente. Ogni sito web che si rispetti, è sempre più un blog, con sezioni interattive come “Collabora”, “Condividi” o “Pubblica”. Questo è proprio lo spirito su cui si fonda il Web 2.0. E’ anche cambiato il concetto di proprietà del sito, che è passato dalle mani dell’azienda alle mani dell’utente, che fa capire sempre più di voler essere parte attiva nella creazione del valore e si assiste sempre più alla cross-medialità di siti di social networking e blog che possono essere utilizzati su più device (un esempio su tutti è TweetDeck), passando così da una “Single Web Experience” a quella che può definirsi una “Social Connected Experience”.

E’ necessario anche segmentare il pubblico dei social media per offrire esperienze di valore in base ai reali interessi, e per questo viene oggi in aiuto la scala Social Engagement Technographics di Forrester che permette di capire quali sono le user experience degli utenti per definire meglio il cosiddetto “Digital User Design”, ovvero il mix tra interfaccia utente, funzioni, entertainment e valore che costruisce l’esperienza digitale di ogni target group identificato dalla segmentazione.

Molte aziende quindi in futuro si orienteranno sempre più sull’analisi delle user experience per migliorare la viralità delle applicazioni, perché nel social media marketing, a mio modesto parere, il vero successo lo si ottiene quando l’engagement diventa virale e nel concreto, quando ad esempio un’applicazione per Facebook che circola attorno a un brand viene diffusa tra più persone possibili.

Come è possibile allora aumentare la viralità di un prodotto aziendale veicolato nel social web?

  • Innanzitutto offrendo contenuti open-source, ad esempio permettendo la creazione o la modifica di applicazioni generate da o con gli utenti (Facebook è l’esempio più calzante, ma sulla stessa via si stanno muovendo anche LinkedIn e Viadeo);
  • la creazione di una storia attorno all’applicazione, magari collegata al brand è un altro dei fattori di successo per la sua diffusione virale;
  • bisogna poi far capire all’utente che può gestire la propria privacy e rassicurarlo dal fatto che non si tratta di applicazioni bufale;
  • l’interfaccia deve essere facile da usare per non scoraggiarne subito l’uso e l’esperienza.

Ricordiamoci infine, che nel social media marketing, bisogna pensare prima ad offrire valore e creare esperienze d’uso emozionali e solo in seguito a monetizzare, mai il contrario e ricordiamoci anche che il successo di ogni azioni si avrà se si riusciranno a riprodurre interazioni sociali che già avvengono off-line tra azienda e consumatore.

 

Approfondisce il Web Marketing e i social media da tempo. Dopo una laurea in Marketing a Urbino, ed un Master in "Tecnologie Innovative della Comunicazione", al momento è CEO di WebInFermento e si occupa di posizionamento nei motori di ricerca (SEO) e di consulenze di Social Media Marketing.

4 Comments
  • Gianluigi Zarantonello
    9 Febbraio 2010 at 20:18

    Bel post,complimenti,aggiungo solo che le apps sono estremamente importanti anche per smartphone, tablet e co.
    Come ho scritto sul mio blog https://webspecialist.wordpress.com però i sistemi chiusi mi sembrano un grosso limite.
    Voi che ne dite?

  • Enzo Santagata
    10 Febbraio 2010 at 10:35

    Gianluigi, che i sistemi chiusi siano un limite è vero in parte. Molto dipende dalla massa critica di utilizzo. Penso all'App Store con i suoi milioni (!) di utenti.

    Per il resto bravo Dario, bel post!

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