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10 anni twitter

Twitter 10 anni dopo: ha ancora senso investire sui 140 caratteri?

Twitter è morto, è in crisi, oppure vive e lotta insieme a noi? Qual è il panorama attuale, i numeri e le sue prospettive presenti e future? Ha (ancora) senso investire in questa piattaforma?

10 anni twitter

Twitter ha festeggiato i suoi primi 10 anni. Coriandoli, hashtag di tendenza e tweet entusiasti: una giornata di (auto)celebrazioni attraverso auguri di vip e grandi marchi, un flusso corposo di racconti – più o meno banali – su passato e futuro di questa piattaforma e sulla sua storia. E soprattutto tante, tante analisi sulle prospettive di questo spazio di comunicazione.

Ma Twitter non era morto?

Dal 2006, anno di lancio, a oggi – e con il fisiologico ritardo rispetto agli USA – in Italia è riuscito a ritagliarsi la sua fetta di pubblico, di appassionati, di occasionali e di studiosi del mezzo. Noi in questi anni ne abbiamo osservato l’evoluzione e le tappe del suo processo di trasformazione e oggi, non si può negare, Twitter arriva al suo decennale in forma non proprio smagliante.

Secondo le ultime statistiche (Twitter è sempre molto parsimonioso nel presentare dati in tempo reale, ma l’ultimo report ufficiale sulle attività del 2015 è fresco del mese di febbraio 2016 e si trova qui) gli utenti attivi al mese nel mondo sono 320 milioni (305 se si esclude il servizio di ricezione “passiva” tramite SMS) con un aumento del 9% rispetto all’anno precedente (6% se si esclude SMS), per un totale di 1,3 miliardi di iscritti. Di questi però molti sono inattivi, si tratta di utenti che non hanno fanno altra azione oltre quella di iscriversi, come spiega bene Business Insider in un lungo articolo tecnico.

Twitter riporta anche che ogni giorno vengono pubblicati circa 500 milioni di tweet, che però è lo stesso numero che veniva sventolato nel 2013 e nel 2012, segnale che dimostra che a un (lieve) aumento di utenti non è corrisposto un aumento di contenuti all’interno della piattaforma, anzi forse vi è stato addirittura un calo come mostra questo grafico sempre di Business Insider (fonte qui).

statistiche tweet al mese
Twitter ha smentito questi dati (calcolati da Business Insider tramite le sue API), ma la mia percezione – da utente che vive quotidianamente la piattaforma – non è molto distante.

In Italia la situazione, con le dovute proporzioni, non è dissimile. Proprio la settimana scorsa, questo articolo descrive il panorama italiano dei 140 caratteri come piuttosto limitato.

Stando alle stime più recenti, il Twitter italiano (o meglio italo-parlante) vanta poco più di 8 milioni di utenti. Nel 2014, erano 9,2 milioni. Facendo un piccolo calcolo capiamo che oggi rappresenta soltanto il 2,5% dei suoi utenti attivi mondiali. Se Twitter fosse una casa, la “zona italiana” verrebbe confinata ad uno sgabuzzino.

Neppure in occasione del compleanno Twitter Italia ha scucito qualche numero ufficiale sulla sua piattaforma, ma come spiega Il Sole 24 ore la proporzione è presto fatta: se nel mondo ci sono 320 milioni di utenti attivi al mese e una portata di 700 milioni, in Italia con una portata di 18 milioni non possono essere più di 8 milioni di UAM.

Dati confermati anche dalle statistiche non ufficiali che circolano, come quella Audiweb by Nielsen citata da Vincos.

In sostanza qualcosa non va su Twitter, ma non sono solo i numeri o gli affari in borsa a dircelo. E certo non è il compleanno il momento migliore per affermarlo.

Eppure gli eventi e il flusso di tweet che hanno caratterizzato la giornata del decennale sono stati un’ottima cartina al tornasole di certe dinamiche che oggi Twitter mette in campo.
In un panorama piuttosto stagnante, infatti, si sono venute a creare due grandi fasce di utenza: il pubblico di massa da una parte e i personaggi/realtà massmediali dall’altra. In mezzo, schiacciata da questa dimensione e poco valorizzata, c’è una piccola fetta interessante di utenti creatori di contenuti anche di qualità, di informazione e di conversazioni.

Se guardiamo ai tweet e ai RT dell’account @TwitterItalia per i #10AnnidiTwitter vediamo esattamente questo: tanti vip, tanti marchi famosi, persone (oggi twitstar) approdate presto sulla piattaforma (almeno prima degli anni d’oro 2012-14) e personaggi che si portano dietro una fama da altri contesti, che siano la TV, Youtube, i giornali, ecc.

Il valore di Twitter in Italia, secondo Twitter stesso, a 10 anni dalla sua nascita, pare sia solo questo.

Da second screen, secondo schermo di mezzi di comunicazione considerati obsoleti come la TV, sembra piuttosto che Twitter si sia pericolosamente assoggettato alle dinamiche televisive, finendo per diventarne in certi casi più una pigra estensione, un servo utile, che uno strumento di comunicazione innovativo. Basti vedere Periscope quanto poco abbia di rivoluzionario e quanto – tanto – abbia invece del classico format star/spettatori.

Basta vedere tweet come questi per trovare conferme al mio sentore

Non ultimo si aggiunge l’aspetto dell’advertising diventato nell’ultimo anno sempre più pervasivo, direi quasi invadente (non a caso sono una fan sfegatata di Tweetdeck, applicazione proprietaria di Twitter e alternativa a twitter.com dove non passa un solo tweet sponsorizzato).

Certo, le ragioni della borsa, dei piccoli e grandi inserzionisti, e altre cose legate alla ricerca di un modello di business hanno fatto scegliere a Twitter la via più semplice da percorrere – perché piazzare dei tweet a pagamento nel flusso di tweet interrompendolo e nei profili come se fossero supportati dai singoli utenti è la via più semplice. Via che l’ha scollegato ancora di più dalla quella sua base che nel corso degli anni ha dato contributi fondamentali alla fisionomia della piattaforma (sono gli untenti che hanno inventato RT, hashtag ecc) e che detiene il suo potenziale di qualità.

Perché un potenziale c’è ed è dato dalle sue nicchie specifiche dove il motto “dare a tutti la possibilità di creare e condividere idee e informazioni istantaneamente, abbattendo qualsiasi barriera” trova un senso.

E questo potenziale, anche se sottovalutato e poco incentivato, è il valore che andrebbe colto e promosso dai piani alti così come da chi si avvicina a questa piattaforma per restarci e costruire la propria presenza.

Qualche anno fa, quando mi chiedevano di valutare la possibilità per un’attività o una persona di aprire un profilo Twitter, la mia risposta era “dipende”. Oggi quasi sempre lo sconsiglio, se non per progetti molto forti in aree ben specifiche che qui possono funzionare (penso all’informazione, al turismo, alle nicchie tecniche e culturali e al customer care) e sempre a fronte di grandi investimenti di tempo e denaro.

Peccato, perché all’alba del suo primo decennio la piattaforma dei 140 caratteri ha delle peculiarità che la rendono davvero speciale e diversa dagli altri:

  • la capacità di essere tempestiva e permeante (vi ricordate quando veniva annunciata la morte di Scalfaro 45 min prima del lancio delle agenzie di stampa?)
  • la non reciprocità delle relazioni
  • l’orizzontalità delle comunicazioni
  • la possibilità di far incontrare mondi diversi e intercettare un pubblico che cerca esattamente quello che puoi offrire

Nonostante ciò, ha ancora tanto su cui lavorare per metterle a valore e renderle veramente utili e fruttuose per chi desidera utilizzare Twitter come qualcosa in più che un semplice flusso di pensieri e per chi su questa piattaforma è disposto anche a investire con idee, tempo e denaro.

8 Comments
  • AndyT
    23 Marzo 2016 at 10:46

    Sono d’accordo, Twitter presenta ancora un grande potenziale, e una “atmosfera” ben definita: spero tanto che non si arrendano, e che magari diano più ascolto agli utenti più affezionati – anche solo inserire la tanto desiderata funzione “edita-tweet” potrebbe dare il suo contributo 🙂

  • Pingback: » Twitter e i 10 anni: numeri e considerazioni
    23 Marzo 2016 at 11:25
  • Valì Jolie
    23 Marzo 2016 at 15:37

    Riporto un commento che l’amico Jacopo mi ha lasciato sui social per ampliare il dibattito:

    Considerazioni in ordine sparso: a me la pubblicità pare pure poca, considerando i numeri sconsolanti (nella Silicon Valley non crescere è IL fallimento) mi sarei aspettato qualcosa di molto più invasivo. Ma temo arriverà. Pensare di recuperare utenti mi pare difficile, e rinunciare alla propria identità (togliere i 140 caratteri) non mi pare una mossa geniale.

    Per quanto riguarda invece il Twitter italiano.. Non ricordo, ma magari sbaglio io, un singolo momento di uso civico nativo di Twt (#rogodilibri nel 2010 forse?) in questo paese se non nel ripetere gli slogan di partiti/movimenti (#staisereno, #vincetepoi, #rubatevoi, bla bla altro che i #Iftheygunnedmedown). Perchè in Italia l’influenza di Twt è stata drogata dall’autoreferenzialità di media e vip (questi ultimi però stanno passando ad Instagram, occhio): c’è una visione chiaramente esagerata di questo social per quanto riguarda la sua influenza sulla opinione pubblica. Tanti troppo pompini a vicenda e poco altro: in Italia la viralità è su Facebook, è evidente.

    Quindi, riprendendo la tua domanda finale: conviene investire su Twitter? Io risponderei “No, a meno che tu non sia costretto. E in quel caso comunque preparati a un bagno di sangue”. Il punto però diventa: e allora dove?

    • Santiago
      25 Marzo 2016 at 10:58

      Forse l’ultimo utilizzo civico di Twitter in Italia. almeno da quel che ricordo, è stato l’allerta meteo in Sardegna (#allertameteoSAR ) oppure ogni volta che c’è un terremoto, ma effettivamente sono iniziative che si adattano a Twitter perché scaturiscono da un evento improvviso o una catastrofe naturale e quindi richiedono una azione tempestiva, per il resto non ci sono hashtag di iniziative politiche nate in modo nativo o “dal basso”, ma come sostiene Jacopo sono tutte mediate o dalla tv o dai partiti. Se volessimo poi parlare dell’utilizzo politico, le poche realtà che cercano di utilizzarlo senza la mediazione dei partiti hanno poca esposizione in questo social media, mi viene in mente l’hashtag #notav che nonostante sia utilizzato da anni – e probabilmente questo è anche il motivo – non compare ormai più tra i TT.

      D’altronde con il boom del 2012 era naturale, purtroppo, che l’arrivo dei vip e della televisione finisce per “inquinare” il mezzo. Dico purtroppo perché l’influenza televisiva in Italia è ancora molto rilevante, più che in altri paesi.

      Ciò che mi dispiace è che, come dici, oltre la cortina mainstream di Vip e Mass Media ci sono account creatori di contenuti molto interessanti, e non sono neppure pochi, è solo che per scoprire questa fetta bisogna dedicare, appunto, un po’ di tempo e pazienza, bisogna prendersi cura della propria TL, ecco.

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